L’incontro con Benedetta Tobagi

“Talmente c’era la gioia di vivere!”

La gioia non è la prima cosa a cui noi pensiamo parlando della guerra, tantomeno della Resistenza, ma Benedetta Tobagi ha voluto dedicare un intero capitolo del suo saggio “La Resistenza delle donne” proprio a questo argomento.

Tra le decine di foto che vediamo tra le pagine del libro possiamo scorgere molti sorrisi che, a differenza di quelli che troviamo sui social, arrivano fino agli occhi. “Sono felici”, è quello che ci dice l’autrice. Un’affermazione strana, ma vera, come ci conferma anche Italo Calvino, dopo aver letto il diario scritto da Ada Gobetti: “Dio mio, quanto vi siete divertiti!”. Queste donne, durante quei mesi, hanno sperimentato per la prima volta la libertà e la responsabilità, che non hanno vissuto come un peso, ma come la presa di consapevolezza di essere importanti.

Tuttavia, nonostante il loro impegno, dopo la Resistenza gli uomini hanno cercato di rinchiuderle di nuovo in casa. Benedetta Tobagi non esita a difendere le donne che decisero di tornare tra le mura domestiche. Ci ha spiegato che alcune sono tornate indietro perché non riuscivano più a reggere il peso di sentirsi giudicate, insultate e trattate diversamente dalla società, altre sono tornate a quello che per tutta la loro vita hanno considerato normale, altre ancora, invece, hanno tenuto testa a chi le voleva rinchiudere di nuovo e hanno iniziato una lotta verso l’emancipazione.

Questa lotta, iniziata dalle coraggiose donne della Resistenza, non è ancora finita: le loro storie e i loro sacrifici ci fanno pensare a tutto quello che rimane ancora da fare e a come possiamo raccogliere il loro testimone.

Ho avuto il piacere di sentire parlare due volte Benedetta Tobagi (ed è bene specificare nome e cognome, come ci ha insegnato lei stessa!) ed entrambe le volte i minuti passati insieme sono volati.

Benedetta Tobagi è una donna straordinaria, un esempio come pochi, e spero di avere l’occasione di incontrarla di nuovo in futuro.

Chiara

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“La mia vita oggi sarebbe più limitata nelle possibilità senza il contributo delle donne della Resistenza” è l’affermazione che più mi ha indotto alla riflessione a seguito del dialogo con la scrittrice e giornalista Benedetta Tobagi. Ho compreso come sia i piccoli gesti compiuti dalle donne durante la Resistenza, tra i quali il ruolo di assistenza e protezione ai compagni partigiani, che le azioni militari, ad esempio legate al sabotaggio dei commandi tedeschi o al trasporto di materiale esplosivo eseguito dalle staffette, stiano alla base dell’emancipazione femminile. Infatti, attraverso queste iniziative, le donne avviarono un processo volto alla progressiva eliminazione della cultura maschilista ereditata dal fascismo dominante nella società dell’epoca, reclamando il loro valore come individui e rifiutando l’imposizione del ruolo di sposa obbediente e madre pronta a generare figli per la patria. Mi ha altresì colpito che, in questa battaglia per la rivendicazione dei loro diritti, le donne si siano sempre mostrate allegre nelle fotografie che le ritraevano. Infatti, Benedetta Tobagi afferma che la loro missione, nonostante abbia comportato stupri e violenze, è stata portata avanti anche come “un divertimento” e proprio da questa espressione ho capito la forza che ha contraddistinto le donne della Resistenza. In conclusione, posso affermare che dal dialogo con questa autrice

ho appresso un importante insegnamento, che non si limita alla questione della Resistenza partigiana femminile, ovvero l’importanza di conoscere gli eventi del passato per comprendere la realtà contemporanea.

Marco

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Dell’incontro con Benedetta Tobagi mi ha particolarmente colpito l’importanza che la scrittrice attribuisce all’uso di un lessico appropriato. A questo proposito, proprio nel bel mezzo di una risposta, ci ha chiesto di definire il patriarcato. Questa richiesta ci ha colto alla sprovvista sia perché nessuno di noi si aspettava di essere coinvolto in questo modo sia perché nessuno sapeva rispondere. Effettivamente, si tratta di una di quelle parole molto usate negli ultimi tempi, che si sente pronunciare in quasi tutte le discussioni riguardanti tematiche di genere, ma, nonostante ciò, noi studenti ci scambiavamo sguardi allarmati e imbarazzati, immobili davanti a questa grande parola che fino al giorno prima usavamo con leggerezza.

La scrittrice ha rotto il silenzio definendo il patriarcato come un sistema di cui molti neanche si accorgono, che influenza la nostra società in campo economico, politico, sociale e che favorisce l’uomo sulla donna sulla base di uno squilibrio di potere. É concepito come opposto al femminismo, concetto sul quale Benedetta Tobagi ha speso molte parole, riconoscendo nel femminismo intersezionale lo strumento ideale per la lotta al patriarcato.

A questo proposito, concordo con la scrittrice: il femminismo intersezionale permette di tenere in considerazione tutte le donne senza discriminanti ed è proprio questo ciò a cui bisogna puntare. Quello che voglio dire è che, come ritiene Benedetta Tobagi, la lotta verso la parità di genere deve continuare tenendo conto delle diverse realtà a cui appartengono le donne, cercando di spostare il potere al centro e tentando di colmare lo squilibrio tra i due generi.

Dora

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La meritata gloria

Alle volte facciamo delle cose solo per il piacere di farle, per la volontà di metterci in gioco e senza desiderare alcun riconoscimento, eppure, talvolta, solo quando esso arriva ci rendiamo conto del peso e dell’importanza delle nostre azioni. Italia 1943, nasce la Resistenza, per le strade marciano ancora le divise tedesche, quando uomini e donne decidono di imbracciare le armi per difendere la libertà e gli ideali che perseguono. Esatto, anche donne, fino a quel momento relegate all’ambito casalingo, decidono di abbracciare la causa antifascista battendosi con tutto quello che è in loro possesso. Passano gli anni, la guerra finisce. É strano, delle tante donne partigiane sono poche quelle a ricevere dei riconoscimenti, e fra queste ancora meno sono quelle in vita. Tante mogli o madri di famiglia passano velocemente dal maneggiare il fucile all’accendere il fornello e le testimonianze degli anni precedenti vengono diffuse tramite una prospettiva declinata al maschile. Anche quelle la cui volontà le sprona a rivendicare i propri diritti vengono rapidamente schiacciate dalla frenesia del mondo del dopoguerra in cui di spazio, per le donne, non ce n’è. Nonostante i risvolti successivi agli anni della “Resistenza taciuta”, sono ancora tanti i nomi a cui non è stata fatta giustizia e fin troppe le donne morte senza essersi rese conto dell’importante ruolo giocato durante il conflitto. Alla luce di ciò mi sorge spontaneo chiedermi se sia davvero giusto impegnarsi per una causa che poi non viene riconosciuta e la risposta di tante donne del tempo è stata, semplicemente, sì. Esse, spinte dal bene e dall’amore verso il prossimo, non hanno avuto bisogno di una ricompensa ma, paradossalmente, proprio per questo dovrebbero riceverne una. Benedetta Tobagi, nel suo libro “La resistenza delle donne”, dà voce a tante di esse e si impegna a testimoniare atti che la nostra società ha tentato di dimenticare in ogni modo. É grazie a lavori come il suo che, con terribile ritardo, possiamo finalmente consegnare i giusti riconoscimenti che quelle donne che hanno messo in gioco la propria vita non sapevano di meritare.

Valeria

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Ho molto apprezzato l’incontro con Benedetta Tobagi, in primo luogo per la volontà dell’autrice di ricordare la forza e la “virilità” di quelle donne dimenticate, ma in secondo luogo di ascoltare noi giovani. Benedetta Tobagi, infatti, è molto aperta al dialogo e al confronto e lo ha dimostrato specialmente quando si è parlato del significato di “patriarcato” e “femminismo”.

Mi piace l’idea di analizzare le parole per capirne il loro reale significato, quello intrinseco in

esse, dopo quel lungo e perpetuo susseguirsi di eventi chiamato “storia”.

Benedetta Tobagi è una persona che mette tutta sé stessa in quello che fa, dato che il lavoro di ricerca per la scrittura del libro “La Resistenza delle donne” è avvenuto in autonomia, partendo da semplici ma potenti fotografie, con la sola voglia di dar voce a quelle “resistenti”, a quelle donne che mettevano in gioco la loro vita per i loro uomini e per il bene della loro nazione. L’autrice fa tutto ciò proprio perché è ispirata dall’idea democratica della scrittura che è emersa all’ inizio dell’incontro e che si identifica con la pubblicazione di libri accessibili a tutti, ma capaci allo stesso tempo di lasciare un segno nella letteratura, mettendo in luce l’idea di “negotium”, di impegno dello scrittore.

Detto questo, tengo a sottolineare il mio apprezzamento nei confronti dell’incontro e la mia stima verso Benedetta Tobagi.

Cristian

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Una donna che esce da casa non è una buona donna

Molte donne sminuiscono il proprio ruolo ricoperto durante la Resistenza, quindi è necessario uno sguardo esterno per capire l’importanza della loro esperienza. Le donne che prendono parte alla Resistenza sono sempre state abituate ad essere considerate poco e per questo motivo non riescono a percepire l’importanza di quello che hanno fatto. Il ritorno a un ruolo di secondo piano per molte di loro è normale dopo la guerra per la mancanza di un qualunque riconoscimento. Comunque, tante non si rendono neppure conto di quanto vengano svalutate.

Riporto le parole di una delle partigiane: “Invidio solo chi è morto perché non ha visto l’Italia che è venuta dopo”. Queste parole fanno riflettere molto sulla situazione del secondo dopoguerra quando le donne sono costrette a tornare ad essere “zitte e buone” a causa dei pregiudizi nei loro confronti.

Salma

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La voglia di sorridere

“Gli occhi sono la finestra dell’anima”: è con questa espressione che l’autrice del saggio “La Resistenza delle donne” Benedetta Tobagi ha commentato l’immagine di Gina Galeotti Bianchi. Trovo affascinante la scelta di scrivere un libro attraverso il commento delle fotografie che, come in questo caso, sono così eloquenti e capaci di raccontare esse stesse una storia.

L’antifascista Gina Galeotti Bianchi era una donna contro la quale sono stati indirizzati dei colpi di mitragliatrice che hanno ammazzato lei e il figlio che aveva in grembo il giorno prima della liberazione di suo marito. Tuttavia, la sua fotografia esprime una gioia indescrivibile, che ha distinto non solo lei, ma anche le altre donne partigiane, che hanno sempre lottato con entusiasmo e speranza.

Benedetta Tobagi ha concluso il suo intervento esortando anche noi a fare qualcosa che un

domani ci permetta di sentirci realizzati e ci porti a sorridere allo stesso modo.

Cristina

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Un sorriso di speranza

Tutte le persone hanno dei tratti caratteristici, qualcosa che le distingue. Qualcosa che, come un biglietto da visita, ogni individuo riesce a mostrare alle persone con cui interagisce. Il tagliandino che Benedetta Tobagi mi ha metaforicamente mostrato è la sua voglia di vivere accompagnata dalla gioia e dalla passione per quello che fa. Sono proprio queste le sensazioni che ci ha trasmesso mentre affrontava il tema della partecipazione delle donne alla Resistenza.

D’altronde, lo dice lei stessa nell’intervista concessa a RBE, il suo saggio “La resistenza delle donne” è permeato nella sua totalità, nonostante tratti di guerra e di sofferenze, di un’ineluttabile felicità. Questa affiora nei grandi sorrisi di cui lei ci ha a parlato e che sono presenti nelle foto di cui ha costellato il suo libro, smaglianti e brillanti di una speranza che neanche il fascismo poteva cancellare.

Come per simmetria, di Benedetta Tobagi mi è rimasto il suo indomito sorriso, specchio di un fuoco interiore che cerca di accendere la scintilla dell’indignazione verso le ingiustizie e di spegnere i soprusi attraverso l’informazione. Tutto ciò si traduce, per lei, nel cercare e nell’approfondire. L’immersione in questa ricerca non è solo un requisito professionale, diventa un “atto d’amore”, come ci ha detto. Ed è proprio questo amore il requisito fondamentale ed il fuoco vivificante che fa agire, com’è avvenuto nel caso delle donne della Resistenza, e da cui tutti possiamo prendere esempio.

Daniele

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Dalla rassegnazione alla consapevolezza: le donne nel dopoguerra

Un fatto che mi ha colpito è che moltissime donne si siano “fatte da parte” subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Comunque, ci sono delle precise motivazioni alla base di questa “scelta”. Molte si conformano alle aspettative sociali e culturali dell’epoca, che promuovono il ritorno alla normalità con i ruoli tradizionali di madri e casalinghe. Alcune potrebbero non avere avuto opportunità lavorative al di fuori dei ruoli tradizionali, ad esempio a causa della limitata istruzione. Inoltre, dopo gli stress e i cambiamenti causati dalla guerra, alcune cercano sicurezza e stabilità, tornando ai ruoli ricoperti prima della guerra, per ripristinare un senso di ordine e di normalità nella loro esistenza.

Nonostante alcune siano riuscite a sviluppare una maggiore consapevolezza della loro condizione durante la guerra, spesso mancano la solidarietà reciproca e il supporto esterno necessario per perseguire attivamente il cambiamento.

Purtroppo, per quanto siano state tante le lotte successive per i diritti e per l’emancipazione avvenute negli anni Settanta, sono ancora moltissimi i nomi di donne che rimangono “nascosti” ai nostri occhi. Per questo motivo ritengo che il lavoro svolto da Benedetta Tobagi sia stato di enorme importanza soprattutto perché ha dato voce a personaggi della nostra storia spesso dimenticati.

Matteo

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Mitragliatrici e mattarello

Durante l’incontro con Benedetta Tobagi ho trovato affascinante il commento alla fotografia presente nel suo saggio “La Resistenza delle donne” che ritrae tre partigiane con in mano delle mitragliatrici e un mattarello. Queste donne, a detta di Benedetta Tobagi, sembrano ridere “sotto i baffi” per prendersi gioco della massaia fascista o di qualche stereotipo femminile. La presenza di un giovane che fa finta di sparare su una di loro, la quale sorride e tiene in pugno il mitra, coglie perfettamente l’aspetto tragicomico e giocoso del momento. Questa foto ci fa capire come le donne lottassero sia con le armi che senza e ci fa comprendere la loro volontà di rivendicare la Resistenza come qualcosa di entusiasmante per loro, simile a un carnevale.

Alessia

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Dell’incontro con l’autrice Benedetta Tobagi ciò che mi ha colpito maggiormente è stato il suo amore per il lavoro accompagnato dalla passione per i temi trattati nel libro. Questa passione traspariva dalle sue risposte sempre esaustive e precise. Un altro aspetto che mi ha affascinato è stato il fatto che il libro sia nato dalla visione di una serie di fotografie raffiguranti le donne durante gli anni della Resistenza antifascista.

Tra tutte le fotografie quella che mi è rimasta più impressa è quella di Gina Galeotti Bianchi, partigiana uccisa a colpi di mitraglia nel 1945 insieme al bambino che portava in grembo. Nella foto la giovane appare contenta e sorridente. Questa gioia diventa lo specchio delle speranze delle donne partigiane che durante la guerra hanno lottato per la liberazione dell’Italia.

Riccardo

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Ho trovato molto interessante l’incontro con Benedetta Tobagi riguardante il libro “La Resistenza delle donne”. In primo luogo, ho apprezzato molto la sua capacità di relazionarsi con gli intervistatori e i ragazzi presenti, cosa tutt’altro che scontata. Inoltre, considero molto affascinanti e toccanti i motivi che stanno dietro la scrittura del suo libro. Infatti, l’autrice ha affermato che si è appassionata alla storiografia sin da piccola indirettamente grazie a suo padre, Walter Tobagi, tragicamente ucciso dalle Brigate rosse nel 1980. I ricordi che l’autrice ha del padre sono pochi e soprattutto legati a delle immagini della sua infanzia, ma, come lei ha detto, i morti possono continuare a vivere se ci interessiamo a ciò che hanno fatto e soprattutto a ciò che hanno lasciato.

Benedetta Tobagi ha scritto il libro in onore delle donne della Resistenza poiché è rimasta affascinata da alcune foto rinvenute in un archivio storico di Torino in cui sono ritratte alcune di loro. Un’altra motivazione forse ancora più profonda è stata la volontà di raccontare la storia “taciuta” e più nascosta riguardante il reale ruolo delle donne nella lotta contro i tedeschi e i fascisti nella Seconda guerra mondiale. La scrittrice si chiede quale sarebbe il ruolo delle donne nel mondo odierno senza il sacrificio compiuto dalle antenate durante quel periodo, dopo il quale si sono susseguite le lotte per i diritti e l’emancipazione della donna.

Quindi la volontà della scrittrice è stata quella di rendere onore a delle figure femminili che hanno fatto la storia del nostro Paese, ma alle quali non viene data la giusta importanza, le stesse che, finito lo scontro, dovettero tornare alla vita di tutti i giorni senza ricevere alcun riconoscimento.

Edoardo

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“Le parole rimangono in ciò che scriviamo”: questa è una frase che la scrittrice Benedetta Tobagi ha pronunciato durante il suo intervento nel nostro istituto e sulla quale ho riflettuto.

Il rimanere nel tempo delle opere dipinte sulla roccia nell’antichità dai nostri antenati testimonia come tutto ciò che creiamo lasci un segno nella storia del nostro mondo. Anche i grandi poeti e gli scrittori ci hanno trasmesso le loro idee e la propria visione della vita.

Una parola detta decade nel momento in cui viene pronunciata: se non si è presenti, non c’è alcun testimone di quello che è stato detto; al contrario, uno scritto sopravvive al momento in cui è stato concepito. Dunque, scrivere è un modo per sopravvivere, per non essere dimenticati e rimanere nella mente di chi avrà la possibilità e la volontà di leggere.

Francesco C.

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Durante l’incontro Benedetta Tobagi ci ha parlato del suo ultimo libro “La Resistenza delle donne”, dando poi spazio alle domande degli studenti e lasciando a tutti la libertà di esprimere i propri pareri, desiderosa di conoscere l’idea che si sono fatti i giovani di quell’ importante periodo storico.

Della conferenza mi ha incuriosito particolarmente il discorso relativo alla sua passione per la ricerca, a proposito della quale ha detto che “…nel passato si celano dei tesori che vanno ricordati”. La scrittrice ha raccontato che l’idea di scrivere il libro è nata quando si è trovata tra le mani le foto di alcune partigiane. In una sono raffigurate alcune donne che sorridono impugnando un mitra e un matterello. Descrivendo questa foto, la scrittrice è riuscita a raccontarla come se fosse una storia, trovando particolari che sarebbero sfuggiti a un osservatore o a un lettore. Ha spiegato, per esempio, come mai le partigiane stessero sorridendo e l’importanza della figura della donna con il matterello. Ha dimostrato così la quantità di informazioni che si possono trarre da una semplice foto e ha sottolineato l’importanza delle fonti storiche che sono alla base del suo ultimo libro.

Alessio

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Qualche giorno fa ho avuto l’opportunità di dialogare con la giornalista Benedetta Tobagi riguardo al suo nuovo libro “La Resistenza delle donne”. Il testo affronta un tema che spesso viene trascurato o sottovalutato e lei lo affronta in maniera molto diretta, andando al nocciolo della questione senza alcun tentativo di aggirare l’argomento. Durante la conversazione, ho apprezzato molto la chiarezza con cui la scrittrice ha spiegato gli argomenti, rendendoli accessibili e comprensibili. Inoltre, ha sottolineato e chiarito il significato di alcune parole specifiche che nelle nostre domande spesso abbiamo utilizzato in modo errato o impreciso. Questa particolare attenzione alle parole dimostra la grande passione che la giornalista nutre per quel periodo storico, nonostante non sia questo l’oggetto privilegiato dei suoi studi, e per le vicissitudini che hanno caratterizzato la vita delle donne durante la Seconda guerra mondiale e la lotta partigiana. Il libro offre una prospettiva preziosa sulle esperienze e sulle azioni delle donne in un contesto storico così complesso e drammatico.

Mattia

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Durante l’incontro con la scrittrice Benedetta Tobagi è emerso un tema che mi ha particolarmente colpita, quello del sacrificio.

La parola “sacrificio”, ha spiegato la Tobagi, deriva dal greco e significa “fare sacra la vita”. Questa tematica mi ha fatto molto riflettere, poiché non avevo mai considerato questo termine da tale punto di vista. Io di solito, come molte altre persone, attribuivo a esso un’accezione non negativa, ma sicuramente non molto positiva. Riflettendo sul significato letterale, però, mi sono accorta che originariamente aveva un significato molto più puro e importante. Sacrificarsi non significa, come erroneamente pensavo, soffrire o addirittura morire per una causa in cui si crede, ma piuttosto rendere la vita sacra e apprezzarla ogni giorno come un dono. Io ho impiegato molto tempo a comprendere che questo concetto non è una cosa riservata a pochi. In che cosa consiste dunque la felicità? A parer mio, nel provare a raggiungere i propri obiettivi, non disperandosi se non si raggiungono, ma andando avanti e provando di nuovo. È capire che non si è mai soli, persino nel dolore più profondo e viscerale. È non arrendersi alle difficoltà, apprezzando le piccole cose. Felicità è una carezza, un gattino, una foglia, il vento che accarezza il viso dolcemente all’alba. È tutto questo a rendere la vita degna di essere vissuta e, soprattutto, a renderla sacra. “Sacro” non vuol dire per forza “legato alla religione”, vuol dire, almeno in questo caso, “importante”, dare un valore a tutto ciò che caratterizza l’esistenza. La Tobagi ha poi concluso dicendo che “crescendo si impara che tutto ciò si può fare anche con gioia”, in poche parole il sacrificio non deve necessariamente portare dolore. Ad esempio, una madre è pronta a dedicarsi a suo figlio rinunciando a tante opportunità; lo fa per un bene superiore, quello del proprio figlio, validando così tutti gli sforzi per lui fatti. Rendere la vita sacra dovrebbe essere una priorità, poiché permetterebbe di alleggerire moltissimo tutti i pesi che, inevitabilmente, gravano su di noi quotidianamente, accettando il dolore, imparando a conviverci e apprezzando le gioie che essa ci regala.

Ludovica

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Che cosa si nasconde dietro a una fotografia?

Per alcune persone la ricerca è un dovere, per altre invece è un atto d’amore. Benedetta Tobagi ama il suo lavoro perché le permette di far continuare a vivere le persone nel ricordo delle loro parole. La scintilla per il suo ultimo libro nasce dall’immediata connessione con le fotografie, negli occhi e nella spontaneità dei sorrisi di quelle donne che hanno fatto la storia.

Il valore che queste testimonianze assumono in quel contesto storico è ancora più impressionante.

La scelta di usare la pellicola per fotografare un istante, in tempi in cui non si ha nemmeno da mangiare, racchiude in sé un entusiasmo che non si può descrivere a parole.

In un solo sguardo è concentrata la complessità di una vita intera, della violenza e dei cambiamenti radicali che una persona ha dovuto affrontare.

Si scorge in quei volti la presa di consapevolezza della condizione di donna, che con sangue e sudore ci ha portato all’emancipazione di cui godiamo oggi.

Jenny

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L’incontro con Benedetta Tobagi è stato davvero interessante. Mi è piaciuto perché, oltre a parlare del libro che ha scritto, abbiamo affrontato altri argomenti e concetti che mi hanno colpito particolarmente. Nello specifico mi ha colpito una frase detta dalla scrittrice: “Le persone rimangono nelle parole”. Mi ha fatto pensare molto. Le parole hanno un peso grande e spesso tanti, tra cui anche io, non ne tengono conto. Tutto ciò che diciamo, scriviamo o comunque trasmettiamo ai nostri conoscenti ha un peso. Mi ha stupito soprattutto il verbo utilizzato “rimangono”. Penso che questa sia un’immagine molto forte, come se le parole racchiudessero in sé dei pezzi della nostra persona e proprio noi potessimo essere ricordati grazie ad esse. Penso che sia importante pesare le parole che usiamo perché saranno quelle con cui verremo ricordati dalle altre persone.

Giacomo P.

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L’incontro con Benedetta Tobagi è stato molto educativo. Ci sarebbe molto da dire sui vari argomenti trattati, ma tra essi ho trovato molto interessante la sua spiegazione su come si sia preparata a scrivere “La Resistenza delle donne” con il suo cosiddetto “lavoro savoiardo”, il quale consiste nel leggere il più possibile libri di qualsiasi genere sull’argomento e assimilare informazioni, appunto, proprio come un savoiardo che viene inzuppato nel caffè, assorbendone una grande quantità. Ho anche trovato molto vero il suo discorso su come le donne si sentano sempre in dovere di imparare il più possibile su un argomento prima di sentirsi a loro agio a parlarne con altri, specialmente se uomini, poiché è sempre stato diffuso nella nostra società il pensiero per cui le donne non saranno mai all’altezza degli uomini e che, quindi, per avere un minimo di rispetto ed essere trattate alla pari, dobbiamo lavorare il doppio se non il triplo di uno di loro.

La conferenza ha offerto molti spunti di riflessione a me come spero a tanti altri ed è stato decisamente uno degli incontri più illuminanti a cui io abbia partecipato.

Matilde

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L’incontro con Benedetta Tobagi a cui abbiamo assistito mi ha lasciato piacevolmente sorpresa. Lei, una relatrice eccezionale, dai toni familiari e dai modi giocosi, ha dialogato con noi studenti sul suo ultimo saggio “La Resistenza delle donne” pubblicato per Einaudi nel 2022.

Oltre al meraviglioso excursus riguardo al tema in sé, vale a dire le donne che, durante il periodo della Seconda guerra mondiale, combatterono per la libertà della patria, ho apprezzato molto ciò che la Tobagi ha detto riguardo il suo lavoro di ricerca.

Lei, studiosa della storia degli anni Settanta del Novecento italiano, fu vittima di una orrenda tragedia: suo padre, Walter Tobagi, giornalista che operò durante i cosiddetti “anni di piombo”, fu ucciso dalle Brigate rosse proprio sotto casa sua. La Tobagi ci ha raccontato che non solo questo avvenimento l’ha segnata profondamente, ma anche che proprio da lì nacque il suo amore per la ricerca.

Lei ha descritto la sua ricerca storica come “ambito d’amore”, in quanto attraverso questo suo atto di investigazione della verità riesce a dare vita a quei vecchi sorrisi e a quelle vecchie parole che continuano a risuonare nel tempio della memoria.

Questo suo approccio allo studio si vede anche nel libro presentato: foto e parole si fondono insieme andando a creare un “tiramisù” di memorie felici, gioiose, cupe e crude. Il sorriso di Gina Bianchi rimane per sempre impresso nelle pagine del libro, nella verità delle parole della Tobagi e nel cuore dei lettori. Senza tempo, senza fretta, il ricordo rimane e la missione è compiuta.

Giulia

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Primo di tutto, Benedetta Tobagi è una giornalista molto erudita e colta, laureata in filosofia. Ci ha parlato del libro “La Resistenza delle donne” che racconta il contributo storico delle donne partigiane, infermiere e altre che si opposero al regime fascista. È fondamentalmente una sostenitrice dei diritti delle donne, che continua a difendere ancora oggi. Dall’inizio alla fine dell’incontro ho notato la sua irritazione per il fatto che la storia abbia sottovalutato parte del contributo delle donne in quel momento o per il fatto che dopo la loro “resistenza” le donne siano ritornate ai loro ruoli tradizionali di “madri” e “mogli”. Comunque, quelle donne hanno dato un contributo importante alla lotta per l’emancipazione. Adesso hanno guadagnato la libertà, possono abbandonare i ruoli tradizionali e vivere la vita come desiderano. Non sono completamente d’accordo con lei a proposito di ciò che le femministe vogliono ottenere in futuro, invece mi è piaciuta la parte sul “patriarcato” su cui ci ha fatto riflettere.

Danylo

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L’invisibilità delle donne

Il dialogo con Benedetta Tobagi è una “celebrazione dell’entusiasmo vitale delle donne” tramite un lungo viaggio nel tempo. È da questo concetto che inizia la lezione: le donne sono protagoniste assolute di tutte le storie. In particolare, lo sono coloro che vogliono ricoprire un ruolo attivo nella società, che abbandonano la propria vita, la propria tranquillità casalinga, per catapultarsi in un mondo inedito e crudele. Ed è proprio la loro forte fedeltà partigiana che trasforma anche azioni casalinghe, come un semplice bucato, in eroiche gesta per la causa antifascista. Queste azioni non vengono celebrate abbastanza e la loro importanza non viene riconosciuta degnamente. Il bisogno di emergere e la forza femminile, nonostante le difficoltà

economiche, sono il fulcro di quegli anni e Benedetta Tobagi è riuscita nel compito di dare visibilità al lavoro di quelle donne.

Le donne hanno un ruolo fondamentale nella società e il primo passo per dimostrarlo è sfogliare, come è stato fatto dall’autrice, centinaia di articoli, giornali, fotografie e testimonianze che renderanno immortale nel cuore di tutti la loro importanza.

Giacomo C.

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L’ambasciatrice delle partigiane

Durante l’intervista non ci è voluto molto tempo per capire che il rapporto fra Benedetta Tobagi e il suo lavoro va ben oltre il professionale: infatti si è visto come ci tenga a fare bene il suo lavoro, immergendosi “come un savoiardo quando si fa il tiramisù” nelle minuziose ricerche che svolge affinché i suoi libri siano rispettosi della verità. Oltre a ciò, la Resistenza delle donne assume un significato ancora più importante per lei, in quanto incarna i valori in cui crede e che lei prova a trasmettere al lettore, il che era particolarmente evidente durante l’intervista: stava in piedi mentre parlava per farsi vedere da tutti, usava un linguaggio semplice e diretto con lo scopo di coinvolgere maggiormente il pubblico, chiedeva le opinioni, sollecitava gli interventi e le domande degli ascoltatori per renderli partecipi attivamente. Tutta questa traboccante passione si è percepita dall’inizio alla fine, da quando ha spiegato che il saggio è nato per caso mentre sfogliava alcune foto di partigiane a quando ci ha raccontato l’ironia che contraddistingue una di esse: alcune donne tengono il mattarello con la pasta – incarnando l’idea della donna secondo i canoni fascisti – stando però dalla parte dei partigiani, solo per citare un esempio.

Benedetta Tobagi ha fatto tutto questo sempre con il sorriso, sempre gentile e rispettosa degli altri. Si può dire che si sia fatta ambasciatrice degli stessi valori per cui combatterono le donne di cui ha scritto.

Nicola

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La forza femminile 

Il dialogo con Benedetta Tobagi è stata un’opportunità di apprendimento particolare e unica, nel corso della quale l’autrice ci ha fatto capire l’importanza della figura femminile in un periodo molto complesso qual è stato quello della Seconda guerra mondiale.

Nel suo libro vengono menzionate soprattutto le donne che scelgono di mettere a rischio la loro vita e di chi sta attorno a loro per la causa comune. Azioni che oggi riteniamo comuni all’epoca certamente non lo erano e hanno contribuito alla lotta al fascismo.

Purtroppo, queste azioni non sono abbastanza celebrate e ricordate al giorno d’oggi e dialoghi come quelli con la scrittrice ci aiutano a comprenderne l’importanza.

La possibilità di intervenire sugli argomenti trattati mi ha aiutato a sentirmi ancora più coinvolto nel dialogo. Infine, mi è piaciuto molto come, a partire da fotografie e da altre fonti, si possa trarre informazioni importanti sulla società di quel tempo.

L’incontro è stato avvincente e sono sicuro che abbia contribuito a farci un quadro più completo di quel difficile periodo storico.

Diego

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La Resistenza col sorriso

Quello che ha suscitato di più la mia attenzione è stata una fotografia in bianco e nero con tre partigiane. Benedetta Tobagi, dopo averci mostrato questa immagine, ci ha spiegato che non è una semplice foto, bensì un’opera che racconta la vita delle partigiane durante la Resistenza. Infatti, ogni elemento ha una funzione e un significato ben preciso.

La contrapposizione fra la partigiana armata di mattarello e le altre due con il fucile rappresenta la capacità delle donne di combattere sia con le armi che senza, sia in prima linea sia dentro le mura domestiche. A questo si collega anche il significato della pasta tirata sul mattarello: i fascisti elogiano la donna di casa, dedita alle faccende domestiche e all’allevamento dei figli; le partigiane in questione si prendono gioco del partito fascista e delle sue ideologie nutrendo con la loro “pasta bianca” i loro compagni partigiani.

Dietro le tre donne si vede anche un uomo che, scherzosamente, punta il fucile alla testa di una sua compagna.

Infine, l’aspetto più affascinante, a mio parere, è il sorriso delle donne. In un contesto di guerra, in cui prevalgono violenze, soprusi, omicidi e stupri, queste donne sono serene e fiere di ciò che sono e di ciò che fanno.

Francesco F.

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“La ragione di una vita”

L’aspetto che più mi ha affascinata durante l’incontro con Benedetta Tobagi è stata la potenza dei sorrisi. In particolar modo, mi ha colpita la fotografia di Gina Bianchi, partigiana italiana ammazzata dai tedeschi poco dopo l’annuncio della liberazione italiana. Nonostante la sua tragica fine, nell’immagine viene rappresentata come una donna sorridente, soddisfatta e consapevole di aver trovato la sua ragione di vita. Tutte queste caratteristiche le ritroviamo anche in Walter Tobagi, giornalista del “Corriere della Sera” oltre che padre di Benedetta Tobagi. Egli purtroppo venne assassinato dalle Brigate Rosse, dopo la sua decisione di continuare ad investigare sul terrorismo.  Nonostante il grande rischio che correva, non dubitò mai della sua scelta di esporsi per combattere un fenomeno che negli anni Settanta affliggeva tutta l’Italia. 

Del libro mi è rimasta impressa in particolare modo la fotografia, piuttosto provocatoria, di alcune donne gioiose che tengono in mano un mitra ed un mattarello a significare la loro grande volontà di diventare parte attiva nella guerra. Purtroppo, però, al termine della Resistenza venne cancellato completamente il ricordo delle staffette e del loro contributo. Erano proprio le donne che spesso non erano consapevoli del ruolo fondamentale che avevano ricoperto, in quanto la società non glielo permetteva. Questo accadeva principalmente per la scarsa solidarietà da parte dei loro mariti e per una mancanza di supporto da parte delle altre donne, che erano rientrate nei loro ranghi oppure avevano paura di esporsi. La Tobagi, attraverso il suo libro, vuole dunque ricordare queste donne e riconoscere il loro grande operato sia in tempo di guerra sia nella lotta per l’emancipazione.

Sofia

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Le donne nella Resistenza

Mi hanno incuriosito molto le motivazioni che stanno alla base delle ricerche dell’autrice e la passione con cui lei svolge il suo lavoro.

Dal suo intervento è emerso come la figura del padre, Walter Tobagi, attivo nelle vicende legate al terrorismo ed ucciso dalle Brigate rosse nel 1980, l’abbia ispirata e spinta a condividere le storie dei singoli per uno scopo comune. L’autrice, come ci spiega durante l’intervista, cerca di tenere viva la memoria del padre, tramandando i ricordi che le ha lasciato.

Ci ha raccontato di essersi appassionata alle storie delle donne partigiane vedendo alcune foto rinvenute in un archivio storico di Torino. La volontà di raccontare le vicende di queste donne e tutto ciò che non si può vedere da una singola fotografia la fa immergere “come un savoiardo nel tiramisù” in molti altri libri e archivi per compiere le ricerche necessarie

Queste donne sono state spesso considerate poco e molte volte non hanno ottenuto il tributo che meritavano: l’obiettivo della Tobagi è quello di rivalutare queste figure che sono state così importanti nella nostra storia e di renderle immortali con la sua scrittura.

Davide

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