
le riflessioni dei ragazzi della IIIB del Liceo scientifico sull’incontro con Nico Piro
Da tutti i cortometraggi, affermazioni, articoli e azioni di Nico Piro una cosa si può chiaramente comprendere: questo è un uomo che ama il suo lavoro, che ama le persone di tutto il mondo, che si mette in gioco per aiutarle. Alla domanda sull’essenza e sul valore del suo lavoro ha risposto che non è un lavoro speciale, “sicuramente un lavoro che non si fa per lo stipendio […] per la carriera”. Un lavoro che si fa perché lo si ama, perché si ama la vita; e Nico Piro la vita la ama a tal punto da rischiare la sua e donarla per rendere migliore la vita degli altri, specialmente di quelli che lui chiama gli ultimi, i dimenticati, quelli che soffrono di più. Perché, come afferma Angelo Floramo, una vita che non si sa donare agli altri è una vita non vissuta fino in fondo. Di Nico Piro ho colto l’amore, la premura, l’attenzione per i posti in cui va a fare l’inviato (“L’Afghanistan è il paese più bello del mondo”, ha dichiarato), la solidarietà e la testardaggine a non chinare il capo davanti alle ingiustizie ed agli abusi che accadono quotidianamente nel mondo e anzi, a renderli noti, a gridare a squarciagola i soprusi, le situazioni di ingiustizia per poter fare qualcosa di concreto. Ho letto nelle sue affermazioni un grande coraggio quando ha detto di essere uno dei pochi inviati in Afghanistan che esce veramente, va in mezzo alle persone, conosce coloro che va ad aiutare, noncurante dei rischi e dei pericoli che qualsiasi altro cerca di evitare in ogni modo. Nico Piro mi ha trasmesso l’importanza dello spirito di iniziativa quando non è stato fermo a guardare Amir e sua madre ma è intervenuto, dandogli la possibilità di curarsi. Mi ha insegnato che uno sguardo più attento e una preoccupazione più sincera per il prossimo possono fare la differenza. Ma, forse cosa più importante di tutte, mi ha permesso di capire che il cambiamento è realmente possibile se passa attraverso il cuore di ciascuno di noi.
Daniele
L’intervista di questa mattina a Nico Piro l’ho trovata davvero molto interessante per i temi di grande attualità. Secondo lui e secondo dati obiettivi la categoria di persone più colpita dalla guerra è quella dei civili che, ad esempio, quando escono per andare a fare la spesa o per andare a trovare i propri cari o per qualsiasi altra cosa che da noi è ritenuta di facile esecuzione e semplice, rischiano di trovarsi nel mezzo di una sparatoria o in pericolo anche se si trovano in pieno centro. A tale proposito, il giornalista ci ha anche raccontato la storia di un uomo di diversi figli che ogni giorno, prima di andare a lavorare, li bacia e li abbraccia come se fosse l’ultima volta. Questo racconto mi ha colpito molto e mi ha fatto riflettere su quanto io sia fortunato e sul fatto che non dobbiamo mai dare nulla per scontato, anche le cose più semplici.
Alessio
Più di 370 sono le guerre nel mondo in questo momento, un numero sconvolgente, ma un numero che mi ha sconvolto ancora di più, se possibile, è quello dei civili uccisi in guerra ovvero il 90% del totale. In Afghanistan e nei Paesi in guerra la vita ha un altro valore perché si ha continuamente paura di perderla. Una frase che mi ha colpita dell’intervento di Nico Piro è che, quando è nei Paesi in guerra, ha la sensazione di essere circondato da vivi che hanno paura di morire da un momento all’altro, mentre quando è in Italia è circondato da morti che non sanno di esserlo. Questa frase riesce a far capire perfettamente come viviamo diversamente la nostra vita: noi come se l’avessimo per sempre, loro come se chiunque potesse strappargliela da un momento all’altro. Probabilmente non sapremo mai che cosa voglia dire temere in questo modo per la nostra vita, e siamo molto fortunati per questo. Tutte quelle persone che rischiano la morte quotidianamente non hanno scelto la guerra: la guerra l’ha scelta chi non combatte e chi non muore. Penso che ai nostri occhi quello di guerra e di paura sia un concetto molto difficile da capire, c’è chi ci prova, documentandosi e ascoltando testimonianze, e chi, come Nico Piro, sperimenta queste emozioni sul terreno di guerra. Per fare un mestiere come quello dell’inviato di guerra devi avere una passione, che non molti hanno, talmente forte da non spegnersi neanche davanti a tutte le atrocità che vedi durante la tua carriera. Mi piace molto la “missione” di Nico Piro di dare voce a chi non ha voce, un obiettivo molto bello ma al contempo molto difficile. Penso che ognuno di noi potrebbe aiutarlo in questo “viaggio”, anche nel nostro piccolo, leggendo qualche informazione in più su ciò che sta accadendo nel mondo o semplicemente quello che il giornalista scrive sui social per poi parlarne con familiari e amici, per diventare “vivi che vogliono vivere” e non “morti ma che non sanno di esserlo”.
Chiara
Attimi
“In Afghanistan le persone vivono con la costante paura di morire da un momento all’altro, lottando per la sopravvivenza e tenendosi stretta la propria vita, mentre qui noi siamo già morti ma non lo sappiamo”. Queste sono le parole di Nico Piro che mi hanno fatto pensare che la vita è breve e che a noi sembra tutto scontato quando in realtà non lo è. Molto spesso non siamo grati delle piccole cose, ingigantiamo problemi di poco conto mentre ignoriamo o semplicemente non siamo a conoscenza delle continue guerre che si verificano ogni giorno nel mondo. Il dato più triste di questi conflitti è che su dieci persone a morire nove sono civili e uno è un soldato e di questi civili non si parla, non si presta attenzione alle loro storie, vengono dimenticati diventando solo un numero; come se la loro vita non contasse nulla.
Alessia
Quanti conflitti ci sono attualmente nel mondo?”
Con questo quesito inizia l’incontro con il giornalista inviato della Rai Nico Piro. “Saranno una decina!” “Sbagliato. In questo periodo nel mondo sono in atto un numero di guerre che si aggira intorno al 370.” Noi però non ne siamo al corrente, perché non affrontiamo questi argomenti quanto dovremmo. Tendiamo a chiudere gli occhi quando si tratta di guerre distanti da noi come quella in Afghanistan. Veniamo a conoscenza solo di un numero che ci colpisce: quello dei morti. Un numero che ci esplicita tutto e niente. Che ci fa capire la situazione generale del luogo, ma non le condizioni di ogni individuo che sta vivendo questa situazione. Nico Piro lotta per dare voce a queste persone, per scoprire le loro storie in modo da non apprendere semplicemente un dato numerico, ma dei nomi, dei ricordi. Ho trovato affascinante la maniera in cui il giornalista ha parlato dell’Afghanistan, un Paese cui è strettamente legato. Lo ritiene una terra ammaliante, che gli ha trasmesso un carico di emozioni intense durante i suoi reportage. Ogni luogo di questo mondo ha mille risorse da offrirci, sta scoprirle, trasportati dalla passione, proprio come oggi Nico Piro ci ha invogliato a fare.
Cristina
Quando Nico Piro ci ha chiesto quanti sono i conflitti in atto nel mondo, io ho pensato che ce ne fossero una decina o poco più. La sua risposta mi ha lasciato a bocca aperta, perché ci ha detto che attualmente sono circa 350 le guerre in corso nel mondo, ma che di molte non si sente neanche parlare poiché non c’è l’interesse di diffondere queste notizie o anche perché noi italiani, non essendo coinvolti in prima persona, non ci preoccupiamo troppo dell’argomento. Il suo discorso poi si è concentrato sull’informazione in Italia, prendendo come esempio l’attentato dell’11 settembre. Mentre le torri gemelle venivano distrutte dagli aerei di Bin Laden, un gruppo terroristico attaccava in Iraq un campo di calcio dove era in corso una partita e le vittime furono di poco superiori a quelle delle torri gemelle. La maggior parte delle persone non sa di questo attentato perché in Italia non se ne è mai parlato, dato che nell’attentato dell’11 settembre ci furono anche delle vittime italiane, quindi l’attenzione dei media venne concentrata solo sull’America. Quello che mi ha stupito di più è che Nico Piro afferma di essersi innamorato dell’Afghanistan e che per lui è uno dei Paesi più belli al mondo, ma è ormai da un secolo che viene conquistato o attaccato per la sua posizione strategica, ma anche per la grandissima produzione di oppio e per il gran numero di minerali rari. L’Afghanistan sotto certi punti di vista aveva tratto benefici dall’occupazione americana, ma sfortunatamente molte cose sono peggiorate, ad esempio il regime di Al Qaida non è mai stato così influente da quando l’America ha occupato l’Afghanistan. Oggi la situazione del Paese è critica dopo la ritirata degli Americani e con l’instaurazione del regime talebano, salito al potere in maniera incontrastata.
Edoardo
Nico Piro ci ha parlato della situazione globale per quanto riguarda le guerre e i conflitti. In particolare, si è soffermato sull’Afghanistan, in cui è stato moltissime volte come inviato e che ha definito il suo Paese preferito. Qui, ci ha spiegato, è molto meglio utilizzare uno smartphone invece che una macchina fotografica, perché in presenza di quest’ultima si viene subito etichettati come giornalisti, mentre l’utilizzo del telefono permette all’inviato di mimetizzarsi tra la gente e quindi di eseguire un lavoro più dettagliato. Questo è molto interessante perché chiunque può diventare una fonte, bastano soltanto uno smartphone e tanta voglia di documentare e di aiutare il prossimo, mettendo in primo piano problemi che spesso vengono sotterrati dalle autorità o dai mezzi di informazione. Bisogna essere cauti però, in quanto spesso Paesi come l’Afghanistan sono molto pericolosi se si considerano la presenza di terroristi e la povertà estrema che spesso spinge a compiere atti che si fa fatica ad immaginare. In ogni caso Nico Piro invita soprattutto i giovani a non stare sul divano ma a mettersi in gioco.
Francesco
Grazie ad un’attività scolastica sono venuto a conoscenza del mobile journalism che Nico Piro ha fatto conoscere in Italia. Mi ha colpito molto come con un solo telefono che tutti possediamo lui sia riuscito a riprendere e a rendere note anche delle situazioni molto critiche come la storia di Amir e sua madre che erano bloccati in un campo profughi sull’isola di Lesbo. Lui è un bambino affetto da una malattia rara e sua madre cercava disperatamente un medico che potesse curarlo. Mi ha colpito il lavoro di Nico Piro che grazie ad un servizio registrato col telefono ha fatto conoscere la vicenda ed è riuscito a far arrivare il bambino e la mamma in Italia. Il giornalista mi ha fatto ragionare su tutte le qualità che può avere un cellulare e che spesso non si riescono a sfruttare al meglio. Penso che il mobile journalism sia molto utile per rapportarsi meglio con le persone e per farle sentire meno a disagio e credo che verrà sempre più sfruttato.
Giacomo P.
L’Afghanistan, una terra contesa e ospitale
L’Afghanistan è una realtà particolare. L’incontro con Nico Piro mi ha illuminato su certe vicende e dinamiche che, negli ultimi quarant’anni, sono state la causa della mancata pace in questo Paese così affascinante.
Sono rimasta colpita dal modo in cui il giornalista racconta questa terra dimenticata da noi occidentali. Infatti quanti di noi conoscono effettivamente come le persone stanno vivendo in quelle terre? Quello che perviene dalle nostre fonti di informazione è veritiero? Per quale motivo abbiamo finanziato fino a poco tempo fa le truppe afghane con armi, mezzi e contingenti per farsi la guerra? Dopo tutte questi quesiti, stupirà come, cercando per la terza domanda una risposta, questa appaia scontata, persino banale ai nostri occhi: gli interessi. L’Afghanistan sorge in una posizione strategica, difatti lo attraversa la famosa “via della seta”, che fin dai tempi antichi attrasse commercianti del mitico Impero cinese e carovane di tutto il mondo. Oggi chi guarda alle sconfinate vallate dell’Afghanistan sono i politici, gli investitori e le grandi e potenti multinazionali. Se infatti andiamo a ricercare le cause scatenanti di tutti i conflitti nati in Afghanistan, noteremo come le maggiori forze commerciali (Gran Bretagna, USA, Russia) siano protagoniste di questi scontri. Le motivazioni per le quali intrapresero quelle inutili guerre? Ancora gli interessi. Quello che però mi stupisce maggiormente sono queste parole del nostro ospite: “Tashakor è una parola di origine araba che viene usata in Afghanistan per dire “grazie”. È la parola che mi sono sentito dire più spesso dal popolo che, forse più al mondo, ha l’idea dell’ospitalità: il popolo afghano. “. Dunque io mi chiedo: come mai un popolo, che di noi abitanti di terre “sviluppate” ha visto solo soldati, macchine da guerra e tanta avversità verso i rifugiati continua ad essere ospitale? È una situazione quasi paradossale. Chi ha bisogno di aiuto non viene aiutato, eppure ti risponde con un sorriso, con dei doni, con delle parole, con delle storie. Ai nostri occhi, ancora una volta, un sorriso appare banale, puerile, quasi fuori luogo in certe circostanze, non sappiamo più vedere ciò che veramente conta. Mentre nella nostra società esce un nuovo paio di scarpe che va a ruba, un nuovo cellulare che costa come quattro messi assieme, i veri problemi, le questioni importanti ci sfuggono. Questo è l’effetto del consumismo, del capitalismo, che ci indirizzano ogni giorno verso decisioni dettate dal denaro… Quanto costa un sorriso in confronto ad un litro di petrolio? Noi, dall’alto dei nostri sistemi politici, dei nostri diritti, del nostro cibo e della nostra acqua, chi siamo per finanziare lotte armate, fare propaganda contro i Paesi del sud-est asiatico ed imporre la nostra mentalità a chi è diverso culturalmente? Non siamo né migliori né peggiori, ma, a mio parere, invece di guardare al guadagno, come purtroppo nella nostra società accade, bisognerebbe imparare gli uni dagli altri, nel rispetto del sorriso che le famiglie afghane hanno mostrato a Nico Piro durante i suoi viaggi.
Giulia
Le persone non sono solo numeri
Lontano dal nostro Paese, lontano dalle nostre vite ci sono infinite storie uniche e tragiche che meritano di essere conosciute.
Per alcune persone cose che per noi sono comuni e normali come l’andare a scuola o l’avere una casa sono considerate un lusso, e l’incontro con Nico Piro me lo ha fatto capire ancora meglio. Mi ha molto colpito che il giornalista ci abbia detto di non sentirsi all’altezza del premio speciale della Fondazione Luchetta che gli è stato assegnato perché è riuscito, grazie ad un suo servizio, ad attivare una catena di solidarietà e a salvare un bambino affetto da una malattia rara. Mi ha inoltre toccato particolarmente il racconto di un padre afghano che, prima di andare al lavoro, abbraccia più volte i suoi figli, perché non può avere la certezza di ritornare a casa e rivederli. Non riesco a capacitarmi del fatto che persone innocenti senza alcuna colpa debbano vivere nella paura. “Che cosa ho di speciale io per meritarmi tutto questo? Perché è così difficile rendersi conto della fortuna che abbiamo?” Sono alcune delle domande che mi sono fatta più volte durante l’incontro, ma non credo di potermi dare delle risposte, il minimo che posso fare è informarmi per cercare di conoscere realtà diverse dalla mia. Le persone che vivono in zone di crisi non sono numeri solo perché non conosciamo i loro volti e i loro nomi, sono vite che valgono quanto le nostre ed è sconvolgente che alcune situazioni di grande pericolo siano considerate normali, ma ancora più sconvolgente è l’ indifferenza delle persone di fronte alla sofferenza. Un problema è anche il fatto che i giornali e le televisioni non ne parlino abbastanza, in quanto, come ha detto Nico Piro, vengono selezionate solo poche notizie sulle innumerevoli guerre e sugli attacchi terroristici che avvengono in tutto il mondo. In questa situazione dovremo almeno fare in modo che la solidarietà e l’aiuto reciproco diventino la nostra normalità. Jenny
Nico Piro ha parlato del suo lavoro di inviato di guerra, argomento che mi ha molto colpito. Il mestiere del giornalista è sottovalutato, spesso emerge solo il “prodotto finale”, un’intervista, un servizio, un intervento, un articolo, ma a seguito del nostro dialogo ho compreso che questo lavoro è in realtà ricco di emozioni ed esperienze.
Uno degli aspetti che mi ha più affascinato è stata la diversa chiave di lettura con la quale mi è stata presentata la professione dell’inviato: il giornalista ha parlato di come gli incontri, le terre visitate, gli scenari disumani visti lo abbiano cambiato e segnato nel profondo. Fare il giornalista non vuol dire fare cronaca, suscitare scalpore, e oggi l’ho capito: essere giornalista vuol dire immedesimarsi, sottoporsi ad una continua sfida quotidiana. Mi hanno stupito in particolare i racconti sull’Afghanistan. Nico Piro si è trovato in quella terra più volte in qualità di inviato riportando i vari incontri con la gente del luogo e le emozioni che si provano nel vedere alcuni scenari, talvolta macabri. Tutto ciò però è alleviato dalla curiosità e dalla soddisfazione che un articolo concluso può dare. Tuttavia penso che la più bella sensazione che questo mestiere possa donare sia la possibilità di “dare voce a chi non ha voce”, aiutando chi è dimenticato, ma anche informando chi può aiutare.
Luca
“Nessun evento in particolare mi ha scosso più di altri” ha affermato Nico Piro, continuando poi a parlare della volta in cui dei civili in Afghanistan lo trascinarono a vedere un braccio mozzato di un attentatore.
In quell’attimo ho realizzato come, per lui, ma anche per tutte quelle persone che abitano in Paesi ormai sconvolti dalla guerra queste scene raccapriccianti siano all’ordine del giorno. Da quel piccolo aneddoto ho capito subito che Nico Piro è più che un semplice giornalista, con sé egli porta appresso storie di vite umane che vanno incontro al pericolo ogni giorno, che vivono un incubo del quale ognuno di noi saprebbe poco se non ci fossero persone come lui disposte a mettere in gioco anche la vita pur di dare voce a chi non ne ha, pur di mettere alla luce la crudele verità. Questo incontro mi ha fatto riflettere molto, ma allo stesso tempo mi ha anche insegnato tanto, specialmente ad apprezzare le piccole cose.
Vorrei ringraziare per il suo impegno Nico Piro, una persona incredibile e un grande esempio da seguire.
Matilde
Sicuramente un’esperienza nuova quella con il giornalista ed inviato del Tg3 Nico Piro, con il quale abbiamo trattato diversi argomenti. Molti i dati interessanti come quello relativo al numero delle vittime delle guerre: il 90% sono civili, mentre soltanto il restante 10% riguarda i soldati. Ormai i conflitti non si combattono più tra due eserciti su un campo di battaglia, ma tra le case della popolazione.
Dati che fanno riflettere soprattutto in una civiltà come la nostra in cui una morte violenta è un caso raro, mentre nelle aree tormentate dalla guerra appartiene alla normalità di ogni giornata. Là anche il solo fatto di uscire di casa per lavoro potrebbe essere rischioso e quella potrebbe essere l’ultima volta in cui un padre o una madre vedono i loro figli.
Molte persone non si rendono conto di quanti conflitti mondiali siano attualmente in atto, molti penseranno a una decina, al massimo a una ventina, ma i numeri salgono fino a 370 guerre circa. A questo proposito, dovremmo riflettere un po’ su quello che sta succedendo in giro per il mondo ed informarci correttamente, per non diffondere delle fake news inutili.
Matteo
Un incontro per riflettere
L’incontro con il giornalista Nico Piro è stato coinvolgente e stimolante in quanto mi ha permesso di confrontarmi con alcuni argomenti poco discussi. Infatti ho avuto la possibilità di conoscere e approfondire tematiche rilevanti e sensibili raccontate da una persona esperta che tuttora continuano a farmi riflettere.
I temi trattati sono stati molteplici, ma meritevole di menzione è il discorso sull’indifferenza delle persone riguardo i tragici avvenimenti, come guerre ed attentati, che accadono in luoghi lontani. Tanto è vero che vi è la tendenza a interessarsi e preoccuparsi esclusivamente di ciò che ci riguarda da vicino ed a trascurare il resto. Nico Piro ha spiegato ciò con un chiaro esempio: la morte di una persona vicina, di cui si conosce l’identità e la vita, è un evento che ci sconvolge e addolora; di contro, l’uccisione di migliaia di essere umani a causa di lunghissimi conflitti in Paesi dall’altra parte del mondo non ci turba. Da questa spiegazione, che considero una lezione di vita, ho appreso che le vittime di una guerra non devono essere viste solamente come un numero da analizzare e confrontare, oggetto di statistiche e percentuali, ma sono esseri umani con vite e storie spezzate. Inoltre sono rimasto impressionato dall’elevato numero di conflitti bellici in atto nel mondo. Dopo aver meditato a lungo su queste parole, mi sono ripromesso di informarmi accuratamente anche sulle vicende che non mi coinvolgono da vicino e di analizzarle in modo critico. Oltre a questo ho apprezzato il consiglio di verificare sempre l’attendibilità e l’autenticità delle notizie per evitare di imbattersi in ‘fake news’, che spopolano sul mondo del ‘web’. Ho trovato fondamentale l’invito di Nico Piro ad evitare di condividere informazioni e foto personali sui ‘social network’, spiegando i rischi e le conseguenze di un loro uso improrio e quindi il suggerimento di utilizzarli in modo consapevole e giudizioso. A mio avviso, questo è stato un intervento assai utile poichè il giornalista ha avuto l’accortezza di allertare noi ragazzi, che spesso assumiamo comportamenti sbagliati in rete senza rendercene conto. Sono stato contento di aver ascoltato Nico Piro e spero di partecipare ad altre sue conferenze dato che questo incontro ha rappresentato un’opportunità per riflettere e mi ha anche fornito importanti insegnamenti.
Marco
Dall’incontro con il giornalista Nico Piro è emerso il suo grande legame affettivo con l’Afghanistan, una terra a noi quasi sconosciuta con una storia millenaria, ma con tante difficoltà dalle quali gli afghani sono sempre usciti. Una terra che, come spesso capita, essendo ricca di risorse minerarie e in posizione strategica, è spesso vittima di guerre e non è mai riuscita a sfruttare il suo potenziale.
Pensare che così tanti popoli (Macedoni, Inglesi, Russi, Americani tra quelli citati dal giornalista), meglio organizzati, abbiano provato a conquistarla senza mai riuscirci a pieno dimostra la caparbietà di un popolo fiero, ma afflitto da molte tribolazioni, dalle quali spero esca al più presto. È stato toccante quando Nico Piro ha parlato di quei genitori che alla mattina abbracciano più volte e forte i figli prima di andare al lavoro, perché quella potrebbe essere per loro l’ultima volta. Credo che dovremmo prendere d’esempio la loro caparbietà e lottare per i nostri diritti, i nostri ideali, la nostra libertà come hanno fatto e continuano a fare loro, e vivere a fondo ogni momento, apprezzando anche le cose che diamo per scontate, ma che siamo molto fortunati ad avere. Nicola
Nico Piro è un giornalista, scrittore e blogger italiano attualmente inviato della redazione esteri TG3.
Dei tanti argomenti di cui ci ha parlato durante l’incontro mi ha particolarmente colpito il suo metodo di lavorare, di filmare e montare i servizi. Nico Piro è considerato il pioniere del giornalismo mobile, il Mobile Journalism (Mojo): infatti è sua la prima diretta su facebook RAI in occasione delle elezioni del presidente degli Stati Uniti d’America risalente al 2016 ed è stato anche il primo a girare servizi giornalistici RAI con il solo uso dello smartphone. La domanda che molti si fanno è perché usare un qualsiasi smartphone invece di una videocamera professionale. Semplice, risponde Nico Piro, lo smartphone è molto più piccolo, non dà nell’occhio e in un Paese caratterizzato da instabilità politica dove i giornalisti non sono ben visti un apparecchio comune e che tutti possiedono permette agli inviati di lavorare con più sicurezza. Inoltre con lo smartphone si possono girare, montare e caricare video/servizi con molta facilità, cosa che, con apparecchi più sofisticati, richiederebbe molti più passaggi e procedure più lunghe.
Nicolò
Bellezza sepolta
“L’Afghanistan ha una bellezza inquietante” racconta Nico Piro, inviato della redazione esteri Tg3, una bellezza sbiadita, sepolta, aggiungerei io: un Paese meraviglioso tinto di scarlatto, ecco come si presenta ai miei occhi. Da anni ormai si spera e si sogna in un Afghanistan dove possano regnare la pace e la libertà, ma queste fantasie ci vengono prontamente negate ad ogni notizia di un nuovo problema. Eppure Nico Piro e molti altri continuano a narrare la storia di questo Paese, di ciò che sta passando e delle genti che lo popolano, ma soprattutto ne raccontano una bellezza passata che, anche se non più così visibile, giace latente lontano dai nostri sguardi. Non sempre ci rendiamo conto di ciò che sentiamo o di ciò che vediamo, alle volte c’è bisogno che qualcuno ci faccia aprire gli occhi e ci svegli dal nostro limbo di ignoranza facendoci finalmente vedere la verità. L’ombra della guerra ormai oscura da troppo il sole di quei luoghi e con il tempo ha coperto tutte le meraviglie che l’Afghanistan ha da offrire e che continuano ancora a giacere intatte sotto la polvere alzata sul campo di battaglia, pronte a tornare a brillare non appena gliene sarà data la possibilità.
Valeria
Una delle cose che mi hanno colpito maggiormente durante l’incontro con il giornalista Nico Piro è stato il fatto che nel mondo ci siano moltissime guerre, ma che nessuno ne parli tanto che i più le ignorano. Nico Piro ha chiesto a noi studenti quante guerra pensavamo fossero in corso, la risposta è stata una decina, mentre in realtà nel mondo le guerre sono quasi 400. L’aspetto curioso è che di moltissime nessuno sente mai parlare, mentre di altre si parla in continuazione. Questo ci fa capire come molte delle informazioni che provengono da giornali o da internet non mostrino sempre tutto ciò che succede nel mondo, ma solo ciò che è di interesse politico o economico. Mi ha molto colpito un episodio che il giornalista ci ha raccontato: andando a vedere il luogo di un attacco kamikaze nelle strade in Afghanistan, alcune persone del luogo lo hanno portato, quasi di peso, a vedere il braccio del kamikaze che era volato via nell’esplosione, finendo davanti a delle case, per mostrargli in che condizioni dovessero vivere quotidianamente. Ritengo che Nico Piro sia molto coraggioso in quanto è andato in posti pericolosi nel corso di un conflitto, come in Afghanistan, rischiando anche la vita; o a Lesbo dove è stato aggredito da alcune persone del luogo perché voleva far sapere a tutti che cosa stesse succedendo nei campi profughi dell’isola. Riccardo
“In Afghanistan sono in un mondo di vivi che hanno paura di morire, qua sono in un mondo di morti che non sanno di essere morti”. Questa frase di Nico Piro mi ha colpita molto perché si capisce quanto i civili afghani vivano ogni momento come se fosse l’ultimo. Ogni secondo, ogni instante che hanno in più è un dono. Non hanno tempo per pensare al passato o al futuro, possono solo concentrarsi sul presente, cosa che noi non facciamo quasi mai: spesso siamo presenti solo fisicamente mentre stiamo fantasticando o rivivendo avvenimenti che ormai non possiamo cambiare, perché sono già successi e fanno parte del nostro vissuto. Gli afghani danno molta importanza a tante piccolezze che a noi possono sembrare insignificanti come un semplice abbraccio, una risata con un amico, una gentilezza… Dando peso a questo, vivono la vita molto più intensamente e profondamente di noi, perché, secondo me, la felicità non dipende affatto dalle cose materiali, da quello che possediamo, ma dalle emozioni positive che proviamo, dai piccoli gesti, dalle persone che ci circondano e con cui passare del tempo ci fa sentire bene. Spesso ci concentriamo troppo sulla nostra vita quotidiana senza sapere quello che avviene nelle altre parti del mondo, senza essere a conoscenza delle persone che muoiono e di cui frequentemente non riusciamo nemmeno a trovare un nome o una foto, e questo ci fa estraniare ancora di più da tutto. Nei Paesi di guerra la morte è all’ordine del giorno, mentre da noi sembra un evento lontano e spesso pensiamo di avere tutto il tempo che vogliamo, mentre non è così. Per questo i profughi potrebbero insegnarci molte cose, mentre qualcuno li vede come delle persone che vengono ad “invadere” le nostre terre e che scappano dal loro Paese perché non hanno voglia di combattere. Invece hanno semplicemente bisogno di essere aiutate, perché non è affatto facile vivere in certe circostanze, in certi ambienti e situazioni di terrore. Noi possiamo imparare davvero tanto da loro, dalle loro storie ed esperienze.
Sofia
L’Afghanistan, l’Iran, l’Iraq e tutte le zone di guerra in Asia sono meno distanti di quanto si possa immaginare, ma non tutte le notizie arrivano alle nostre orecchie, come se ci fosse un muro così alto da non lasciarle passare. Raramente questo muro crolla permettendo a tutti di conoscere la situazione di quei Paesi, che però è molto più complessa rispetto a quella che viene raccontata. Basta ricordare che, prima che i talebani arrivassero a Kabul lo scorso agosto, l’Afghanistan si trovava già in una grave situazione causata da molti anni di conflitti, ma non capitava quasi mai di sentirne parlare ai telegiornali. Nico Piro ci ha fatto notare che durante le stesse ore nelle quali avveniva l’attentato alle torri gemelle un terribile attacco kamikaze colpiva un campo da calcio in Iraq dove si stava giocando una partita tra ragazzini, causando numerosi decessi. Ma nessuno ricorda quell’attentato, come se un morto in Francia valesse come dieci in Iraq. Ma un cadavere rappresenta sempre una vita tolta, ovunque ci si trovi. Non esistono Paesi o persone di serie B, viviamo su un unico pianeta, e l’Occidente, che dal punto di vista economico è avvantaggiato, dovrebbe impegnarsi più concretamente per aiutare e dare voce a tutti quei civili che, non per loro colpa, sono nati in un Paese insanguinato. Questo è quello che Nico Piro tenta di fare rischiando anche la propria vita e tutti noi dovremmo dimostrare grande ammirazione verso le persone impegnate come lui.
Giacomo C.
Nico Piro, giornalista inviato di Rai 3, durante l’incontro, ha cercato di aprirci gli occhi su ciò che accade ogni giorno al di fuori della nostra quotidianità trasmettendoci molti degli insegnamenti da lui appresi durante le sue esperienze all’estero, soprattutto in Afghanistan.
Mi è rimasta impressa nella mente una scena che ci ha descritto, quella di una ragazzina che manifestava per la propria istruzione, della quale è stata privata al ritorno dei Talebani, perché le ragazze di oggi saranno le future madri di domani e, senza un’istruzione, come potranno educare i propri figli? Senza istruzione saranno come “un uomo cieco. Riflettendoci, dovremmo essere felici di molte cose che noi oggi riteniamo scontate come la scuola, il cibo, ma anche solo del fatto di essere vivi ogni giorno e di non temere di poter perdere la vita da un istante all’altri, e invece non lo siamo abbastanza.
Salma
L’incontro con l’inviato del TG3 Nico Piro mi ha fatto aprire gli occhi su certi aspetti del mondo della comunicazione e sul modo in cui le notizie vengono manipolate a favore o a sfavore di una determinata situazione. Un esempio concreto potrebbe essere la guerra in Ucraina orientale, che si sta combattendo ancora oggi contro la Russia, ma di cui nessuno, o almeno la maggior parte delle persone, non sa nulla. Perché non ne sa nulla? Perché è un conflitto cronico di cui si parla solo per un determinato periodo e poi si tace per vari motivi che potrebbero mettere in posizione scomoda e svantaggiosa gli interessi dei gruppi coinvolti. Questo vale non solo per la guerra del Donbass, ma anche per le altre 370 guerre che si stanno combattendo in questo momento nel resto del mondo. Penso che di queste guerre si sappia poco anche per il semplice fatto che sono combattute lontano da noi, nel senso che le notizie, per quanto adesso sia tutto molto più tecnologico e quindi con un semplice click si può sapere quello che sta succedendo ovunque, siccome non ci riguardano in prima persona, non hanno per noi molta importanza. Infatti i morti sono molto spesso dei numeri e non dei nomi specifici, perché i mezzi di comunicazione preferiscono “ingigantire” le notizie per fare più audience (per esempio, fa più notizia che ci siano stati 100 morti in un giorno che 1000 in una settimana). Inoltre molto spesso le notizie che arrivano da fonti governative omettono di comunicare il corretto numero dei morti da entrambe le parti contendenti. Questo vale anche per l’Afghanistan dove l’avanzata dei talebani è passata in secondo piano rispetto alla notizia della ritirata delle truppe americane, cogliendo così impreparata la stessa opinione pubblica davanti alla caduta della capitale Kabul. Questo incontro con Nico Piro mi ha fatto comprendere che le notizie vanno sempre filtrate, verificando l’attendibilità delle fonti, e che nella vita l’attenzione fa la differenza.
Gaia
Sono rimasto davvero meravigliato e stupito da Nico Piro, una persona semplice, innamorata del suo lavoro, della sua vita, delle persone che incontra e dei Paesi in cui va, che non ha paura di mettersi in gioco per raccontare storie e fatti che accadono vicino a noi, ma che ci sembrano così lontani. Quando ci ha chiesto quanti conflitti sono in atto in questo momento, tutti abbiamo risposto, sicuri di avere ragione, una decina e siamo rimasti sorpresi quando ci ha detto che sono oltre 350. Uno di questi è quello in Afghanistan, un Paese a lui molto caro, di cui ci ha raccontato la storia. Ha parlato delle cause delle guerre che si sono susseguite negli anni, degli Stati coinvolti, del numero dei civili che sono morti senza aver fatto nulla di male e di come, alla fine, questa guerra, che dura da quarant’anni, non abbia cambiato niente, anzi, ha solo fatto perdere soldi, causato grandi emigrazioni, ma soprattutto ucciso tanti civili che speravano solo di avere una vita normale. Quello con Nico Piro è stato un incontro veramente interessante, nel quale abbiamo scoperto la parte oscura dei conflitti ovvero quello che nessuno vuole far trapelare e che, di conseguenza, nessuno conosce.
Mattia
L’incontro con Nico Piro è stato molto interessante e mi ha fatto riflettere su parecchi aspetti. Ci ha fatto capire come noi, alla ricezione di una notizia (ad esempio su un attentato o un conflitto) guardiamo subito i numeri delle vittime (o in generale le percentuali) e perdiamo di vista l’accaduto. Inoltre, quando sentiamo di una guerra, pensiamo sempre alla battaglia tra i soldati, come quelle che noi facevamo da bambini con i soldatini di plastica, in realtà le guerre avvengono in mezzo alla popolazione, cosicché la maggior parte dei morti sono degli innocenti.
Quello che però mi ha colpito di più è un episodio che Nico Piro ci ha raccontato. Era insieme ad altri giornalisti in Afghanistan e lui era l’unico occidentale, quando a un tratto alcune persone del luogo lo presero di forza per mostrargli il braccio di un attentatore volato a cinquecento metri di distanza, in modo da renderlo partecipe dei rischi della loro vita giornaliera: in quei Paesi in conflitto, infatti, la morte non è concepita come qualcosa di eccezionale, come da noi occidentali, ma come un evento facente parte della vita quotidiana, che potrebbe realizzarsi in ogni momento, anche mentre ci si reca al lavoro. Ripensando a questo, capisco di avere avuto un’immensa fortuna a nascere e a vivere qui e allo stesso momento mi rimprovero tutte le lamentele su cose banali, perché dimentico la fortuna che ho avuto.
Cristian
Una delle cose che più mi hanno colpita del discorso di Nico Piro è stata la sua riflessione sulla differenza tra le persone che ci circondano in Italia e quelle che lui ha trovato in Afghanistan. Ci ha raccontato che gli afghani sono persone vive che lottano per la vita, mentre le persone che incontra qui sono già morte, ma non sanno di esserlo. Questa sua riflessione mi ha fatto pensare e ho realizzato che io non ho mai incontrato una persona come quelle afghane che, anche solo uscendo di casa, rischiano molto. La verità, come dice Nico Piro, è che la guerra ai giorni nostri non si combatte più sui campi di battaglia tra soldati, ma in mezzo ai civili. Nove vittime su dieci sono civili. Questo ci fa capire perché quell’uomo afghano, di cui ci parlava il nostro ospite, ogni giorno prima di uscire abbraccia e bacia i suoi figli come se fosse l’ultima volta: perché può veramente essere l’ultima. È molto triste che della maggior parte delle guerre attualmente in atto nel mondo nessuno parli. Forse se ne parla per una settimana, ma poi l’attenzione si sposta verso notizie più succose, più recenti, più vicine a noi. Infatti siamo bombardati dalle notizie su stragi (che siano attacchi terroristici, incidenti, disastri naturali) in Paesi stranieri se c’è almeno una vittima italiana e di quella vittima si parlerà in continuazione, mentre tutte le altre vittime straniere passeranno in secondo piano. L’incontro con Nico Piro mi ha fatto pensare molto e riflettere sulla fortuna che abbiamo di essere nati in un Paese non in guerra. Lo stimo molto per aver scelto di rendere protagonisti dei suoi servizi i civili, i dimenticati, le persone comuni, che molto spesso vengono ignorate.
Dora
Le foto di Mattia